21.10.2021
Gli uomini ritengono essenziale che alla Nazione spetti il commercio e l’esportazione del ghiaccio, e parlare per mezzo del telegrafo, e viaggiare a trenta chilometri all’ora, senza dubbio alcuno che loro stessi lo facciano oppure no; ma resta un po’ d’incertezza sul fatto se dobbiamo vivere come babbuini o come uomini. Se non producessimo traversine e non forgiassimo rotaie, e non dedicassimo giorni e notti al lavoro, ma ci mettessimo invece ad aggiustare le nostre vite per migliorare proprio queste, chi costruirebbe le ferrovie? E se non si costruiscono le ferrovie, come possiamo arrivare in tempo in cielo? Ma se stiamo a casa e badiamo ai nostri affari, chi mai avrà bisogno delle ferrovie? Non siamo noi a viaggiare sopra la ferrovia, ma è lei che viaggia sopra di noi.”
Walden, vita nei boschi (cap. Dove vivevo e per cosa vivevo) – H.D. Thoreau
Thoreau, nel capitolo Dove vivevo e per cosa vivevo in Walden, scrive che non siamo noi a viaggiare sopra la ferrovia, ma è lei che viaggia sopra di noi. Quanto è attuale questa frase, quanto la si può facilmente adattare al nostro mondo contemporaneo! Nell’epoca dell’autore di Concord, a metà del XIX secolo, la ferrovia era come un ragno, sia in Europa che nel Nord America: questa tarantola velenosa stava tessendo le sue maglie fatte di traversine e binari e stazioni, ricoprendo continenti interi. L’uomo occidentale, all’alba del suo essere così maledettamente affamato di progresso, divorava ogni centimetro libero di un mondo che era ancora in divenire. Così oggi, un individuo atlantico vecchio e spossato da tre secoli di capitalismo sfrenato, arranca nel consumismo violento, aggressivo, divoratore di ogni traccia dell’anima. La ferrovia di Thoreau non è altro che il progresso, il progresso inteso come morboso obiettivo di arricchimento del borghese che non esiste come spiritualità, egli è solo quello che produce. La ferrovia, che noi siamo convinti di governare, di costruire a nostro piacimento affinché “ci porti più velocemente in cielo” non è nulla di più della nostra stessa accecante voglia di produrre, di macinare dollari, di divorare il nostro vicino di casa per sopraelevarci nel nostro potere illusorio di contare qualcosa. La ferrovia, il metallo senza anima e senza calore, l’acciaio stridente del progresso che ci governa e ci trascina nella storia, ci schiaccia ogni istante sempre di più. E ci lascia convinti di essere dei comodi viaggiatori di prima classe.